ANTIBIOTICO RESISTENZA: SAPETE DAVVERO COSA STATE FACENDO?

Siamo di fronte ad una scelta: pensare a noi stessi, al nostro allevamento, al nostro presente oppure aprire gli occhi e la mente cercando di uscire dal nostro piccolo interesse personale e migliorare la gestione dell’allevamento (e della nostra salute) a lungo termine.

I batteri sono esseri viventi unicellulari dotati di un proprio metabolismo.

I virus sono microorganismi che necessitano di una cellula ospite per replicarsi.

Gli antibiotici servono per ‘uccidere’ i batteri e non sono efficaci contro i virus.

Esistono Batteri ‘buoni’ ad esempio nel nostro intestino e Batteri ‘cattivi’ o patogeni che creano un’infezione.

Esistono Virus ‘cattivi’ o patogeni (quasi tutti) che sviluppano una patologia virale (Influenza, HIV, Herpes). Negli ultimi anni si comincia a parlare anche di Virus ‘buoni’, si chiamano virus batteriofagi, o anche fagi protettivi, e sono al centro di recenti studi che si impegnano a trovare un’alternativa ai tradizionali antibiotici, data la sempre maggiore resistenza dei batteri ai farmaci. Si stanno anche studiando Virus utilizzati come trasportatori di terapie antitumorali per una sempre più mirata ed efficacia lotta contro il cancro.

Ma cos’è l’antibiotico-resistenza?

La resistenza agli antibiotici, o antibioticoresistenza, è un fenomeno naturale biologico di adattamento di alcuni microrganismi, che acquisiscono la capacità di sopravvivere o di crescere in presenza di una concentrazione di un agente antibatterico.

Perché c’è antibiotico-resistenza?

La resistenza agli antibiotici è un fenomeno naturale, vecchio di oltre due miliardi di anni, causato dalle mutazioni genetiche a cui vanno incontro i batteri. Tuttavia un uso eccessivo e improprio degli antibiotici accelera la comparsa e la diffusione dei batteri resistenti agli antibiotici.

L’allevatore medio di Pastore Tedesco è radicato alle credenze passate, tramandate da allevatore ad allevatore come un rito spirituale che non ha nessuna valenza scientifica, ma che riempiono il cuore ed accecano la vista.

Quali sono le più significative credenze popolari che si sono diffuse negli anni tra gli allevatori della S.A.S. senza nessuna conferma logica e scientifica? Ecco alcuni esempi:

  1. Terapia antibiotica per una settimana per tonsillite poi magari tonsillectomia (si ‘tolgono’ le tonsille…il cane zoppica sugli arti anteriori).
  2. Terapia antibiotica ogni inizio calore (così tanto per fare, come ‘prevenzione’).
  3. Terapia antibiotica prima del parto (non si sa mai cosa può accadere, meglio prevenire).
  4. Terapia antibiotica ogni 6 mesi in allevamento (così tanto per fare una ‘pulizia’)
  5. Terapia antibiotica per ‘qualche giorno’ in caso di diarrea nel cucciolo (si è sempre fatto, da anni).
  6. Terapia antibiotica direttamente consegnata durante la vendita del cucciolo…così tanto per evitare un’eventuale diarrea dello stesso (prevenire è meglio che curare).

È importante sottolineare che la terapia antibiotica non è una prevenzione o una profilassi (come ad esempio lo sono le vaccinazioni) ma è una terapia in risposta ad un patogeno batterico. Quindi non deve mai essere usato un antibiotico col fine della prevenzione.

Gli esempi riportati, molto diffusi tra i soci SAS, sono estremamente gravi per la salute pubblica. Le categorie fragili come gli ospedalizzati, i bambini, gli anziani, i pazienti oncologici sono individui a forte rischio di infezioni, talvolta anche letali. L’utilizzo di antibiotici in modo indiscriminato aumenta la resistenza antibiotica e di conseguenza aumenta il rischio di morte di queste categorie. 

L’utilizzo di un antibiotico, per legge, deve essere stabilito da un medico a seguito di un esame batteriologico con antibiogramma.

Utilizzare in modo indiscriminato un antibiotico crea un substrato batterico resistente alla stessa molecola che quindi in seguito non funzionerà più.

Una buona metafora è la nostra selezione di Razza. Un Pastore Tedesco selezionato è un soggetto che ha superato molte prove sia mediche (HD ED DNA), di lavoro (Wesen-BH-IGP) che di bellezza (qualifica ad un raduno). Un Super Pastore tedesco. Un Batterio ‘selezionato’ da un uso indiscriminato di antibiotici è un patogeno pericolosissimo per la salute pubblica. Un Super Batterio invincibile. Quindi se vogliano continuare a Selezionare la nostra Razza, impariamo a NON selezionare dei batteri nel nostro allevamento. Se non ci interessa della salute pubblica, almeno facciamolo per il nostro Pastore Tedesco.

Il problema dell’antibiotico resistenza è complesso da comprendere, ma se le menti sono aperte alla conoscenza oltre ad allevare meglio, probabilmente vivremo in modo migliore e più consapevole.

Fabio Vegetti

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LE GARE DI OBEDIENCE E IL CANE IDEALE

Le prove di Obedience si dividono in classi nelle quali gli esercizi aumentano di difficoltà e richiedono livelli crescenti di preparazione. Le classi sono in tutto cinque: Classe Predebuttanti, Classe Debuttanti, Classe 1, Classe 2, Classe 3. Per poter passare alla classe di livello superiore è obbligatorio ottenere una qualifica di “eccellente”.

Per organizzare una gara è sufficiente un terreno pianeggiante di almeno 30×50 metri.

Servono due ostacoli per il salto in alto (uno “pieno” e uno “vuoto” che arrivino a 60 cm di altezza), una dozzina di legnetti, alcuni riportelli, una dozzina di coni piccoli e tre coni grandi (come quelli che si possono vedere sulle strade).

Le figure ufficiali delle competizioni di Obedience, riconosciute dall’ENCI, sono due: il Giudice di gara e il Commissario di ring. Il Giudice sceglie gli esercizi e giudica la performance attraverso punteggi e valutazioni qualitative. Nella scelta degli esercizi da gara, il Giudice può seguire lo schema degli esercizi indicato nel Regolamento, oppure può decidere di cambiare la sequenza. Alla fine di ciascun esercizio esibisce un punteggio in modo visibile per il conduttore e per il pubblico presente. Al termine della prova commenta il risultato dando indicazioni al conduttore sulla qualità della prova e sui margini di miglioramento.

Il Commissario di ring collabora con il Giudice e tiene traccia degli esercizi da eseguire. Ha il compito di fornire al conduttore tutte le indicazioni per l’esecuzione degli esercizi. 

Le prove di Obedience sono molto impegnative e rappresentano un banco di prova fondamentale per verificare sul campo l’efficacia dell’allenamento e la qualità del rapporto instaurato tra cane e conduttore. Le prove durano a lungo e fanno emergere la capacità del binomio cane-conduttore di lavorare sotto pressione. Lo stress e l’emozione possono giocare brutti scherzi, ma anche offrire grandissime soddisfazioni per un esercizio eseguito alla perfezione o per un problema superato insieme.

Il cane da avviare alla disciplina dell’Obedience non deve possedere una prestanza fisica eccezionale o doti atletiche particolari. Non sono richiesti al cane coraggio, tempra e morso molto forti. Sono, invece, obbligatori un temperamento vivace e un’elevata docilità. 

Il cane ideale è un cane agile, allegro, giocoso, goloso. Per poter seguire un programma di allenamento, il cane deve avere una mente molto aperta ed essere sempre desideroso di lavorare, correre, giocare e mangiare.

È importante anche verificare che il cane abbia un comportamento sereno ed equilibrato sia con gli esseri umani sia con i propri simili. Non sono adatti all’Obedience i cani troppo nervosi, aggressivi o insicuri.

Le caratteristiche richieste al cane sono solo una delle due facce della medaglia. I risultati che si possono ottenere con l’allenamento di un cane dipendono molto dalle caratteristiche del conduttore. Anche il conduttore deve avere una mente molto aperta ed essere sempre desideroso di lavorare, correre e giocare con il proprio cane. Inoltre, deve dimostrarsi una guida sicura, capace di tirare fuori il meglio dal proprio cane per esaltarne al massimo le doti.

Anaela Tuzzi

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“LE ATTIVITA’ DI SOCCORSO: IL SETTORE OPERATIVO E IL SETTORE SPORTIVO” / PRIMA PARTE

Proprio in questi giorni, su alcuna social media è scoppiata un’accesa discussione che vede da una parte i soccorritori cinofili che operano nel settore della Protezione Civile e dall’altra i conduttori cinofili che praticano attività di soccorso sportivo. Sembrerebbe che questi ultimi abbiano un atteggiamento di superiorità nei confronti dei primi e, di conseguenza, le reazioni dei soccorritori non si sono fatte attendere. Addirittura è nata una vera e propria sfida sul campo che forse si disputerà realmente in futuro, oppure resterà una mera provocazione. Per quanto ci riguarda, non vogliamo schierarci con nessuno perché, come sempre accade, la verità è nel mezzo e vogliamo invece prendere spunto da questa diatriba per riflettere sulle reali differenze che esistono tra i due settori venuti in contrasto e fare delle considerazioni utili e costruttive.

Nell’attività cinofila in ambito di Protezione Civile è evidente che negli scenari in cui le Unità Cinofile s’imbattono sono molto variabili e imprevedibili. I cani impiegati devono volta per volta superare situazioni diverse e probabilmente mai incontrate prima. Nell’ambito delle attività di soccorso sportivo invece, i cani che concorrono, affronteranno scenari per la maggior parte dei casi meno variabili e talvolta già conosciuti. Detto questo però, si deve anche ammettere che nell’ambito della sezione dedicata agli esercizi di obbedienza e destrezza, in genere, la preparazione dei cani cosiddetti sportivi è notevolmente superiore a quelli impiegati nel soccorso operativo.

Per meglio comprendere la questione, è utile conoscere le prove a cui sono sottoposti i binomi nelle due affini ma diverse attività. Nel settore sportivo, il Regolamento di riferimento è quello denominato con l’acronimo IPO-R (Regolamento Internazionale d’esame per cani da soccorso) , un documento quest’ultimo che stabilisce le norme con le quali i cani e i conduttori devono affrontare le prove di ricerca e abilità. Lo scopo di questi esami è di riconoscere e valutare le qualità dei cani partecipanti attraverso la stesura di un punteggio, ma il superamento della prova non conferisce l’abilitazione a svolgere un’attività di soccorso operativo.

Le prove si dividono in due tipologie di esercizi, la prima denominata Sezione A, riguarda l’attività di ricerca, la seconda invece indicata come Sezione B si riferisce ai diversi esercizi di obbedienza e destrezza, le sezioni a loro volta, in base al grado di difficoltà si dividono in livelli. Le specializzazioni riconosciute nell’ambito del regolamento IPO-R, sono quelle concernenti la ricerca in superficie, macerie, acqua, valanga e mantrailing.

Per quanto riguarda invece, le prove di lavoro cui si sottopongono gli aspiranti soccorritori si deve far riferimento allaProva Propedeutica e Regolamento Operativo Nazionale per l’abilitazione di Unità Cinofile da soccorso Superficie – Macerie – Discriminazione Olfattiva – Acqua”. Queste prove di abilitazione, così come quelle sportive, sono organizzate e valutate da giudici E.N.C.I. (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) e hanno lo scopo di valutare le attitudini, l’equilibrio e il grado di addestramento (nella specialità richiesta) del cane per essere inserito a operare nei gruppi di Protezione Civile. Il Conduttore deve essere iscritto a un Ente o a un’Associazione di Volontariato di Protezione Civile e spetta proprio a quest’ultima, concedere l’autorizzazione all’unità cinofila per operare negli interventi di soccorso. Per accedere alla Prova Operativa per qualsiasi specializzazione prevista, l’Unità Cinofila deve aver superato una prova Propedeutica o una prova IPO/R. L’esito della prova non sarà costituito da un punteggio, ma da una valutazione finale che potrà concretarsi o no con un’idoneità a operare. È prevista una verifica annuale dell’operatività entro l’anno solare successivo alla prima abilitazione.

Fatta questa sintetica ma necessaria premessa, occorre dire che in entrambi i settori le prove a cui i cani sono sottoposti, così come per i rispettivi conduttori, sono molto impegnative.

Allo stesso modo è evidente che vi sono delle differenze concettuali nella stesura dei due Regolamenti: da una parte, nel settore sportivo, c’è una maggiore propensione all’enfatizzare le doti e il grado di addestramento della componente animale pur preservando una congrua attenzione alla capacità del conduttore; nel settore operativo invece c’è una maggiore tendenza a valutare la performance delle due componenti in maniera inscindibile, richiedendo una competenza specifica all’operatore, anche e soprattutto in materie che non sono direttamente collegate alla conduzione del cane durante la prova.

Continua….

Roberto Palmieri

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La SAS risponde: è giusto comprare un cane? L’eterna questione adozione VS acquisto

Intanto, è giusto vendere un cane? Se per “vendere” si intende “speculare” sulla pelle di esseri viventi solo per arricchirsi ovviamente no. Ma, come raccontavamo già in un precedente articolo, non è questo che fa un allevatore serio. 

Nella pratica, la nascita di una cucciolata viene programmata e seguita con innumerevole investimento di tempo e denaro; ergo, i cani prodotti da questo esigente e prezioso lavoro si devono vendere per forza – e quindi è giusto comprarli – per due ordini di ragioni:

  • Non per specularci sopra, ma per rifarsi delle spese necessarie per mettere al mondo cani con alte speranze di un futuro felice, sano e lontano dai canili; 
  • Come anche per vedere onestamente retribuito un lavoro svolto con impegno, passione, professionalità, competenza e con una massiccia dose di sacrificio.

Questa è la decisione più giusta e consapevole se si cerca, nella scelta di un cane, non solo un compagno di vita ma un soggetto con precise caratteristiche e non altre, affinché possa vivere felice adattandosi il più possibile alle nostre esigenze e ritmi di vita, desideri e capacità di gestione. È, per esempio, assolutamente lecito essere appassionati di discipline sportive cinofile e desiderare un cane che possieda le caratteristiche più adeguate a svolgere quello sport; così com’è lecito desiderare un cane un po’ più indolente e felice di trascorrere giornate intere su un divano, se siamo persone pigre o anziane e cerchiamo soltanto un cane su cui riversare il nostro amore e le nostre cure.

Questa è la differenza tra il cercare un cane selezionato per uno scopo, qualunque esso sia, e quindi allevato con tutti i crismi scientifici e zoognostici necessari (a questo servono i cani di razza, i cani selezionati, non a fare gli “status symbol” ma a poter svolgere un compito nel modo più soddisfacente possibile sia per loro che per gli umani che li circondano), e il desiderare un cane da compagnia, qualunque siano le sue caratteristiche morfologiche e caratteriali specifiche.

Come nel primo caso è giusto comprare, nel secondo è altrettanto giusto e sacrosanto adottare: anzi, è un dovere civile e morale quello di svuotare i canili che tanti sciagurati hanno contribuito a riempire. 

Lo diciamo con chiarezza: si può comprare e si può adottare, basta farlo consapevolmente.

Una sola cosa non si dovrebbe mai fare: regalare un cane, qualunque esso sia, a qualcuno che non è profondamente e responsabilmente preparato a riceverlo nella propria vita.

La scelta di un cane dovrebbe essere ponderata quanto quella di un figlio: servono i presupposti giusti, le condizioni economiche giuste, l’amore giusto, ma anche la giusta e necessaria  competenza e consapevolezza di quello che si sta facendo. 

Un cane non è per oggi, non è per Natale, è per sempre.


La Redazione

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DISPLASIA ALLE ANCHE E AI GOMITI: MISSIONE (IM)POSSIBILE?

Molti articoli sono stati scritti e pubblicati sulla patologia più discussa nel Pastore Tedesco: la displasia alle anche e ai gomiti. Finora, invece, nessuno ha voluto affrontare un argomento altrettanto noto, ma che si preferisce tacere: le esenzioni dei cani non esenti.

Da almeno 60 anni la ricerca sulla displasia dell’anca viene integrata nella selezione di razza, in Germania esiste il famoso ZW (coefficiente genetico), in Italia si è provato a ‘costruire’ qualcosa di simile ma senza successo. In tutto questo tempo qualche risultato è stato ottenuto in termini di controllo della patologia, ma il problema continua ad essere presente e soprattutto ad essere invalidante (per alcuni). In realtà la soluzione potrebbe essere semplice ma, veramente siamo disposti ad accettare i compromessi che questa comporta?

Quali potrebbero essere i motivi per i quali la displasia alle anche e ai gomiti ancora oggi risulta essere così presente nel Pastore Tedesco? I più plausibili sembrano essere essenzialmente tre:

  1. Genetici: sappiamo ormai che la displasia alle anche e ai gomiti è una malattia poligenica e quindi difficile da eradicare;
  2. Ambientali: principalmente errori alimentari e di gestione (es. eccessiva o scorretta attività motoria);
  3. Certificazioni false.

Il punto 1 non compete strettamente gli allevatori, se non nella scelta di riproduttori che abbiano famiglie consolidate esenti da questa malattia genetica. Spetterà ai genetisti veterinari individuare un indice genetico significativo ed utilizzabile in allevamento.

Il punto 2 è facilmente risolvibile attenendosi alle indicazioni di una corretta e bilanciata alimentazione (oggi sono disponibili ottime diete commerciali e non, idonee per le specifiche esigenze). A questo proposito è bene sottolineare che la condroprotezione, che in fase di accrescimento contribuisce ad un adeguato sviluppo della cartilagine articolare, non può però trasformare un cane displasico in esente. Per quanto riguarda il movimento, vale il buon senso. Non è necessario ‘immobilizzare’ il cucciolo impedendogli ad esempio di fare le feste, le scale o di muoversi e giocare. D’altra parte non è nemmeno indicato fargli correre una maratona o scalare montagne.  L’attività motoria è indispensabile per un corretto sviluppo fisico e mentale del cucciolo e non deve essere un pretesto per giustificare l’insorgenza di displasia.

Il punto 3 è alla base dell’allevamento. I controlli per la displasia disposti dalla Sas e dall’SV per i riproduttori non hanno risolto questo problema. Inutile nascondersi davanti all’evidenza degli illeciti che vedono coinvolti allevatori e veterinari compiacenti. Ma questa è una scorciatoia solo per un miope che non si rende conto che così facendo comprometterà il futuro dell’allevamento, prima del suo e poi della razza. Questo purtroppo non accade solo in Italia. Quindi? Quindi sarebbe una missione possibile che rischia di diventare impossibile. 

Servono coscienza e conoscenza. Serve allevare in modo serio, consapevole e professionale, senza perdere di vista i valori etici alla base di una onesta selezione. Serve essere amatori della razza e ricordarsi che la sigla della nostra società evidenzia proprio questo: Società Amatori Schaferhunde.

Dott. Fabio Vegetti


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Cinofilia: tra sport e sociale

Gli sport cinofili sono una serie di attività fisiche e mentali che coinvolgono il cane e il suo detentore, con l’obiettivo di rafforzare e intensificare la relazione, il rispetto e il feeling tra i due, oltre che mantenere il cane in forma e in salute, prevenendo problemi comportamentali dovuti alla noia e all’inattività.
L’unione armonica di cane e conduttore negli sport e nelle attività cinofile si definisce binomio.
In queste discipline sono previsti regolamenti, gare, classifiche e premiazioni.
 
L’elenco degli sport cinofili esistenti è davvero lunghissimo: dall’Agility alla Dog dance, dallo Sheepdog al K9 cross training, dall’IGP all’obedience, e molti altri ancora.
In questa rubrica, con il prezioso contributo di preparatori, addestratori e giudici approfondiremo le discipline di alcuni di questi sport, cercando di far emergere e conoscere le incredibili capacità, la duttilità e le molteplici potenzialità d’impiego del nostro amato cane da Pastore tedesco.
 
Proprio in virtù di queste sue infinite risorse, il Pastore tedesco da sempre è una delle razze più amate e utilizzate dall’uomo, non solo in attività sportive ma anche e soprattutto in ambito sociale: dalla televisione al cinema, dalle forze dell’ordine all’assistenza ai disabili, fino alle attività di ricerca e soccorso.
 
Un cane ideale per la vita in famiglia, un cane eroe quando ne abbiamo più bisogno.
 
La Redazione

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L’obedience come disciplina introspettiva: le sue caratteristiche

La difficoltà principale dell’Obedience è legata al fatto che non lavora direttamente su quegli “istinti naturali” del cane (come corsa, salto, morso, fiuto, predazione) che, nel corso dei millenni, hanno costituito le attitudini più utili per gli esseri umani (difesa, ricerca, caccia) e più ricercate nella selezione.

L’Obedience non è considerata una disciplina “automotivante” proprio perché non produce una soddisfazione diretta per il cane.

Nell’Obedience ci sono solo un cane, un conduttore e il loro rapporto di fronte alla domanda di esercizi che, all’apparenza, sono ripetitivi, inutili e poco spettacolari. La disciplina, se vista distrattamente dai non addetti ai lavori, appare noiosa e i cani sembrano non fare nulla di divertente. Se, invece, uno spettatore osserva con attenzione ed è in grado di cogliere i particolari, l’esecuzione di un esercizio riempie il cuore.

In un esercizio di Obedience sono i gesti e la voce del conduttore, i movimenti e lo sguardo del cane e, soprattutto, la speciale armonia che li lega a rendere l’esecuzione interessante. L’atteggiamento del cane rende evidente che il lavoro viene eseguito con grinta ed entusiasmo, non con noia o indolenza.

Il cane desidera lavorare con il proprio conduttore perché il lavoro rappresenta prima di tutto un gioco e un momento di intenso scambio.

Per chi pratica l’Obedience è una grande soddisfazione vedere il proprio cane che, senza essere stato costretto con la forza, ascolta, capisce ed esegue correttamente quello che è stato richiesto. E la soddisfazione è ancora più grande se il cane mostra velocità, allegria e desiderio di fare.

Personalmente credo che l’Obedience dia al conduttore una opportunità unica di guardarsi dentro, cioè di capire profondamente se stesso e, allo stesso tempo, di scoprire il proprio cane e la qualità del rapporto instaurato. Dietro a esercizi che sembrano frutto solo di tecnica, cioè di strategie adottate per anni allo scopo di rendere perfetta l’esecuzione in ogni piccolo particolare, ci sono soprattutto due cuori e due anime messe a nudo.

L’esperienza nelle competizioni di Obedience insegna che, anche il binomio tecnicamente più preparato durante una gara può mostrare lacune nel rapporto e nella gestione efficace sia degli esercizi sia delle eventuali fonti di stress.

La strada da percorrere per eccellere in questa disciplina richiede molta tecnica ma anche tanto cuore. L’Obedience rende necessario scovare dentro le pieghe del binomio cane-conduttore ogni interpretazione sbagliata dei segnali e ogni pressione esercitata nel modo sbagliato. Inoltre, per un conduttore ogni cane rappresenta una storia a sé stante perché ogni binomio deve trovare la propria chiave per funzionare alla perfezione e la parte difficile è proprio trovare questa chiave e gestirla correttamente.

Ma se si vuole verificare veramente in profondità il rapporto tra cane e conduttore, allora l’Obedience è la disciplina perfetta. Nell’Obedience vengono valorizzati il rigore e la “pulizia” degli esercizi ma anche l’armonia del binomio.Per questo, fin dalle primissime fasi dell’allenamento, non è possibile lavorare attraverso la coercizione. Un cane deve dimostrare una mente libera e aperta, che non è compatibile con un rapporto basato sulla sottomissione al volere del proprio conduttore.

Anaela Tuzzi



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TECNICA E GENETICA: un connubio sufficiente per alte prestazioni agonistiche?

Sono Mimmo Carnicella, dal 2001 sono un Giudice di Utilità e Difesa ENCI, un Giudice Formatore e un Giudice Selezionatore per le razze da Rottweiler e Pastore Tedesco. Nel 1997 ho ricevuto per la prima volta l’incarico di Professore presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Teramo come docente del corso in “Psicologia canina”.

Certamente gli appassionati cinofili e in particolare i conduttori si saranno posti, come me, la domanda che apre questo articolo. Assistendo e partecipando a gare di elevato livello agonistico, ho potuto osservare che alcuni soggetti dimostrano di possedere tempi di reazione ottimali rispetto ad  altri, pertanto il Giudice necessariamente differenzierà la sua valutazione tenendo conto della volontà e della precisione nell’esecuzione di un esercizio, ma anche dalla velocità di reazione ed esecuzione del comando ricevuto.

Apparentemente tutti gli elementi portano a supporre che questa capacità sia dovuta alla tecnica utilizzata, alla bravura del preparatore nell’utilizzarla, alla razza intesa come forma costituzionale e a certe linee di sangue all’interno delle razze geneticamente meglio dotate.

Tutto ciò è sicuramente vero e imprescindibile, ma in questi anni ho approfondito e cercato di analizzare il problema con maggiore attenzione, sperimentando certe idee direttamente sul campo con soggetti in preparazione e appartenenti a diverse razze da utilità e difesa.

Assunto che:

  1. per velocità di reazione si intende il tempo che intercorre tra il comando e l’esecuzione del comando stesso
  2. che tale velocità, chiamata riflesso, è una naturale reazione dell’organismo a una stimolazione del sistema nervoso
  3. che i sensi come l’udito e la vista, recepiscono il comando sonoro o il segnale visivo trasmettendolo sottoforma di impulso nervoso al midollo spinale e da qui al cervello che lo interpreta e lo inoltra alla periferia interessata assieme al relativo messaggio reattivo
  4. che non esistono cani con fibre nervose capaci di condurre gli impulsi a velocità maggiore rispetto ad altri

Mi sono chiesto se altri fattori possano entrare in gioco e quali sono, oltre i classici meccanismi deputati all’apprendimento, e man mano mi sono convinto che i tempi di reazione possono essere velocizzati anche da:

  • CONCENTRAZIONE

Il cane che ben conosce lo schema di apprendimento stimolo – risposta – rinforzo migliorerà sicuramente la concentrazione nell’attesa del comando; infatti più velocemente eseguirà la risposta tanto più velocemente sarà gratificato dal rinforzo. (ovviamente il cane deve trovarsi nella condizione di forte motivazione sullo stimolo utilizzato ma deve anche sapere che a una mancata risposta non ci sarà alcun rinforzo).

Questo comportamento, ripetuto correttamente, porterà il cane ad assentarsi dalla realtà e ad essere teso per dare quell’unica risposta.

  • CARICA EMOTIVA

Il conduttore che insegna al suo cane a sviluppare una giusta e ben calibrata carica emotiva sullo stimolo avrà attivato, come dimostrato scientificamente, sia le ghiandole surrenali a produrre Cortisolo e Adrenalina (ormoni che supportano l’organismo alla reazione), sia l’aumento del ritmo respiratorio e del battito cardiaco; pertanto, i muscoli maggiormente irrorati dall’ossigeno contenuto nel sangue daranno una risposta più pronta.

Particolare attenzione và posta, nel non superare il limite di sopportazione contestuale della carica emotiva, altrimenti si instaura nel cane uno stato ansioso non auspicabile per un corretto apprendimento.

  • ALLENAMENTO

Anche un costante allenamento fisico e una adeguata alimentazione risultano opportuni e necessari per mantenere efficienti le masse muscolari e l’apparato  locomotorio. Se l’ordine a reagire arriva ad un muscolo atono o a una articolazione poco elastica, l’esecuzione sarà sicuramente lenta.

  • AUTOMATISMI

Il cane allenato acquisisce uno schema mentale predisposto a rispondere quasi istintivamente a quel comando. Quest’allenamento porta a un minore coinvolgimento della sua coscienza, pertanto come risultato si ha una ulteriore riduzione del tempo di reazione. Intendo dire che l’automatismo è un meccanismo neurologico paragonabile ad una scorciatoia infatti, quando l’impulso arriva al midollo spinale, quest’ultimo impartisce il comando di reagire alla parte interessata e contemporaneamente invia al cervello copia del comando stesso: quando questo arriva la reazione è praticamente avvenuta.

Val la pena di tenere a mente che l’automatismo se non sufficientemente motivato porta alla riduzione del piacere al lavoro.

  • CAPACITA’ DI PREVISIONE

Per reagire velocemente, un cane deve imparare a codificare e riunire in pochi millesimi di secondo tutte le informazioni che precedono il comando, quasi anticipandolo.

Un soggetto con esperienze agonistiche, sa bene che comando arriverà dopo essere partito dal paletto, sa cosa dovrà fare dopo aver ricevuto il comando, sa anche che quel comando sarà preceduto da segnali preparatori, l’unica incertezza riguarda il momento in cui verrà dato, ed è proprio su questo che lui concentrerà tutta la sua attenzione. Anche il conduttore contribuirà alla velocità di reazione migliorando la qualità dell’informazione non già la quantità.

Forse in alcuni cani esiste una predisposizione o capacità innata di coordinare le informazioni e dare risposte più rapide… Ma se è vero non è dimostrabile!

Certo è invece, che la conoscenza di questi aspetti da parte dei conduttori può decisamente ottimizzare la performance del nostro “amico”.

Mimmo Carnicella

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Il cane da soccorso

Sono Roberto Palmieri e in questa rubrica vi racconterò delle attività di soccorso cinofilo, in ambito sportivo e operativo, approfondendo le peculiarità dei due settori e delle differenze che li caratterizzano. Ci occuperemo delle diverse problematiche che il cane da soccorso affronta nello svolgere l’attività di ricerca nei diversi ambiti e scenari, le razze che meglio si prestano a questo tipo di attività, approfondendo le differenze tra il settore “sportivo del soccorso” e il settore “operativo” in ambito di Protezione Civile.

La mia esperienza cinofila è nata e si è arricchita nel corso degli anni grazie alla partecipazione e alla frequentazione di competizioni nel settore dell’Utilità e Difesa, disciplina quest’ultima conosciuta oggi con l’acronimo I.G.P. (Regolamento internazionale per l’esame dei cani da lavoro).

Disciplina difficile da praticare a causa dell’enorme sacrificio sportivo richiesto ai partecipanti sia in termini di preparazione sia di lavoro. Considero la pratica dell’IGP una vera e propria scuola d’insegnamento e consiglierei a tutti di avvicinarsi a questa disciplina, indipendentemente dall’attività che si vuole praticare. La professionalità, l’abnegazione e la preparazione dei praticanti di questo settore, dovrebbe essere prese ad esempio per tutti quelli che si avvicinano al mondo degli sport cinofili.

Nel corso degli anni poi mi sono avvicinato al mondo dei cani da soccorso, inizialmente nell’ambito del volontariato di Protezione Civile e poi per conto del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco come operatore cinofilo.

Grazie a questo lavoro, ho potuto maturare nel tempo, competenze specifiche soprattutto nell’ambito del soccorso tecnico urgente in situazioni di calamità di diverso genere, partecipando al sisma dell’Aquila, Amatrice, al terremoto di San Giuliano di Puglia, fino ad arrivare come soccorritore cinofilo al crollo del ponte Morandi. Oltre a scenari incidentali di questo genere e cioè quel tipo d’interventi definiti di “ricerca in macerie”, il mio lavoro mi porta costantemente a intervenire in tutte quelle richieste d’intervento cosiddette S.A.R. (Ricerca e Soccorso), e di conseguenza anche in quelle situazioni catalogate di “ricerca a persona in superficie”.

È evidente che il lavoro di ricerca con l’ausilio del cane è caratterizzato e condizionato dalle capacità caratteriali e olfattive del cane, ma a queste si aggiunge anche la preparazione del conduttore nella gestione della componente animale e nel corretto addestramento e allenamento di quest’ultimo.

Roberto Palmieri

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La SAS risponde: chi è e cosa fa un allevatore

Un allevatore è colui che si prodiga per rendere la sua razza del cuore sempre più diffusa ed amata: per questo si sforza di produrre cuccioli belli, sani e di buon carattere, ovvero quel tipo di cane che non viene praticamente mai abbandonato.

Ovviamente i cani belli, sani e di buon carattere non nascono dal nulla, ma sono il frutto di un lavoro duro, costosissimo ma appassionante che si chiama “selezione” e che consiste: 

1. nel passare le notti a studiare gli accoppiamenti migliori, ad imparare la genetica canina, a viaggiare spesso per centinaia o migliaia di chilometri per trovare lo stallone giusto per la femmina giusta; 

2. nel sottoporre i riproduttori a tutti i possibili test sanitari che servono ad identificare la presenza di eventuali malattie genetiche; 

3. nel far valutare i propri soggetti da giudici esperti (nel campo della bellezza e in quello del lavoro, per le razze selezionate a questo scopo), per capire se davvero ci si sta avvicinando al traguardo cinotecnico che tutti sognano, ovvero il cane “assolutamente” bello, bravo e sano.  

Un allevatore serio è colui che fa tutte le indagini e gli esami del caso per prevenire la nascita di cuccioli malati che potrebbero vivere una vita infelice.

Se succede lo stesso (e purtroppo succede perché la genetica non è una scienza esatta), l’allevatore serio regala il cucciolo che mostra un piccolo problema, mentre si tiene e si prende cura personalmente (spendendoci ovviamente dei soldi) di quelli che i problemi li hanno più gravi.

Questi allevatori hanno la medesima missione di tutti i medici che si impegnano da decenni per debellare tutte le patologie genetiche umane che portano a vite difficili, bloccate su sedie a rotelle, impossibilitate a relazionarsi con gli altri e così via. 

Dovremmo essere tutti d’accordo sul fatto che cercare di prevenire malformazioni, dolore, vite “da cani” nel vero senso della parola non soltanto sia un’opera buona, ma che dovrebbe essere un preciso DOVERE di chi alleva (sia cani che umani). 

Questo è quanto fa un allevatore serio, che nel momento in cui richiede un affisso, aderisce e accetta formalmente un codice etico.

Esistono anche i cagnari, gli allevatori fake? Sì certo, come esistono i furfanti e gli improvvisati in qualunque altro settore o professione. Esiste gente che fa finta di allevare e invece importa i cani dall’Est per poi rivenderli (quelli che arrivano vivi), che copre le femmine ad ogni calore, che stipa i cani in batteria uno sull’altro, che non fa alcun iter vaccinale o test genetico, che addirittura alleva tutte le razze o quasi. 

Ma questi non sono allevatori, sono appunto cagnari. Ed è fondamentale saperli riconoscere.

La Redazione

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